Il Getty Museum restituisce all’Italia una statuetta di Zeus del I secolo a.C.

Roma. Come ai tempi dell’ex ministro Francesco Rutelli, che oltre dieci anni fa favorì il rientro di numerosi pezzi d’arte tra cui la Venere di Morgantina, oggi il J. Paul Getty Museum di Malibu, negli Usa, continua le restituzioni all’Italia. Questa volta il gesto è volontario e riguarda una statuetta in marmo raffigurante Zeus in trono databile intorno al I-II secolo a.C., acquistata dal museo nel 1992, dai collezionisti Barbara e Lawrence Fleischman, che a loro volta l’avevano acquistata, nel 1987, dal controverso mercante britannico Robin Symes. «Il Getty, ha dichiarato il direttore del museo di Malibu, Timothy Potts, dà un grande valore alle sue relazioni con i colleghi italiani nei musei e in altri settori culturali. La decisione di restituire questo reperto da un lato prosegue la nostra pratica di collaborazione con il Ministero per risolvere questioni riguardanti la provenienza e la proprietà di opere della nostra collezione in maniera tale da rispondere a ogni nuova informazione disponibile e dall’altro lato rispetta la buona fede e la missione culturale di entrambe le parti».

L’antica scultura è stata consegnata martedì 13 giugno, alle autorità italiane presso la Getty Villa di Malibu alla presenza del console italiano a Los Angeles, Antonio Verde. «Il Getty, spiega una nota del Mibact, ha preso la decisione di restituire la scultura di Zeus in trono, alta 74 centimetri, recependo le informazioni fornite dalle autorità italiane corroborate dalla recente scoperta di un frammento della statua. La scultura potrebbe essere stata oggetto di culto in una cappella privata di una ricca dimora greca o romana. Le pesanti incrostazioni marine che in parte la ricoprono fanno supporre un prolungato periodo di immersione in mare. Il lato sinistro della statua, intatto, era probabilmente immerso nella sabbia e perciò protetto».

Il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini annuncia che «La statua verrà esposta in un primo momento al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, per poi venir destinata, una volta determinatane l’esatta provenienza, alla comunità alla quale è stata illecitamente sottratta». (da “Il Giornale dell’Arte”)