Roma, via Cernaia cambia: Percorso archeologico come ai Fori imperiali

“Ci vorrebbe il coraggio di fare anche delle scelte urbanistiche. Esiste da anni il tema dei Fori Imperiali e ne esiste uno più piccolo che si chiama via Cernaia, una strada che divide in due il complesso delle terme di Diocleziano. Per questo sono già stati stanziati 10 milioni di euro nell’ambito del progetto “Grandi Terme di Diocleziano” per il 2019, da cui il via libera a settembre dalla conferenza stato regioni per i “Grandi progetti beni culturali”. Sono bastate poche parole del Ministro della Cultura Dario Franceschini, nell’ambito della presentazione dei progetti 2018-19 del Museo Nazionale Romano, diretto da Daniela Porro, e della mostra “Rinascite – Opere salvate dal sisma di Amatrice e Accumuli” – un omaggio alla memoria e all’importanza artistica dell’area appenninica rasa al suolo lo scorso 24 agosto, che apre oggi – per scatenare una bufera.

“Non voglio dare delle indicazioni operative perché naturalmente si tratta di un tema di confronto tra ministero e Comune – ha continuato il ministro – via Cernaia ha una strada parallela [via Parigi, che però copre solo un breve tratto rispetto a quello di via Cernaia, ndr.] che potrebbe servire alla viabilità e che consentirebbe di ricomporre tutta questa area archeologica davvero unica al mondo, davanti alla stazione Termini. Ci sono varie ipotesi ma non sono io che devo dirlo. Il tema va discusso civilmente con il Comune”, ha concluso, aggiungendo che già oggi scriverà alla Sindaca Raggi in materia. Immaginare la chiusura di via Cernaia, al momento arteria fondamentale per la viabilità – lì viene convogliato il traffico in direzione di Porta Pia dato che via Venti Settembre è quasi interamente a senso unico – apre a scenari postapocalittici in un’area già funestata da pullman turistici e il caos di Stazione Termini. Ma il “sogno” di Franceschini, già immaginato da Corrado Ricci, è un progetto su cui si lavorò nei primi anni ’80. Curato dall’allora soprintendente La Regina con l’archeologo Pietro Guzzo, e l’architetto Gianni Bulian, era strutturato intorno all’idea era di creare un sottopassaggio che collegasse gli Oleari papali alla sala Ottagona, il Planetario. “Già allora, l’idea di chiudere via Cernaia era stata scartata. Ma c’è, la possibilità di creare una galleria sotterranea”, spiega Guzzo, fino al 1986 direttore del Museo Nazionale Romano. “Sotto via Cernaia – continua l’archeologo, oggi in pensione – ci sono le palestre delle terme, cortili aperti dove gli antichi romani passeggiavano, di cui una parte è visibile subito dopo il Planetario”.

Spiccano infatti dei mosaici, in pessime condizioni di conservazione, che però restituiscono l’idea della monumentalità del complesso che da via Volturno si estendeva fino a piazza dei Cinquecento e piazza della Repubblica, con l’attuale via Nazionale a fare da asse simmetrico tra i due versanti che toccavano piazza San Bernardo da un lato, e il Teatro dell’Opera dall’altro. Del progetto dal 1986 se ne riparlò, a più riprese, nei decenni successivi, senza mai passare dalla teoria alla pratica “Le carte ci sono tutte e si potrebbero riprendere in mano con i dovuti aggiornamenti”, continua Guzzo. Dunque, un ambiente ipogeo, che rispetti l’assetto urbanistico ottocentesco di via Cernaia, per rafforzare il dialogo tra antico e contemporaneo. Ma se stavolta, forse, è la volta buona, perché Franceschini non ha menzionato il progetto preesistente? “La memoria è un pericoloso precedente, perché toglie il proscenio della novità e indebolisce la forza di un annuncio – afferma, tranchant, Guzzo – viviamo in un paese che non cura la memoria e il ministero della Cultura è il primo a non curarla. Basti guardare quello che sta succedendo alla Biblioteca di Palazzo Venezia – conclude con una punta di amarezza l’archeologo – qual è il senso di sfrattarla dalla sua sede storica per far spazio a una scuola di beni culturali e di turismo?”. (da “La Repubblica”)

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